martedì 26 gennaio 2010

Il Nostro Sogno
















Il 15 Gennaio scorso avrebbe compiuto 81 anni.
Se fosse ancora vivo l’avremmo festeggiato con profonda emozione e gratitudine, eppure, anche dopo 42 anni dalla sua morte, continuiamo a festeggiarlo in cuor nostro a testa alta, fieri e grati di averlo conosciuto e seguito come esempio di Giustizia e Forza, come precursore nel difficile secolo scorso del lungo e faticoso cammino verso la libertà e la non-violenza.
Quasi tutti, anche coloro che non hanno condiviso la sua stessa epoca storica, ricordiamo le parole del reverendo di Atalanta. Ricordiamo quel tono determinato della sua voce e l’immobilità dello sguardo nei lunghi sermoni sulla riconciliazione e convivenza fra diversità razziali e culturali; ricordiamo nei suoi 35 anni fu la persona più giovane a ricevere il Premio Nobel per la Pace nel 1964; ricordiamo quell’indimenticabile I have a dream che nel 1999 fu considerato uno dei discorsi più belli del XX secolo. Sentiamo ancora vive quelle parole che smuovono dentro di noi il richiamo della speranza di un’alternativa possibile e realizzabile nella quale Martin Luther King riversò la sua vita.

Pensando a tutto quello che riuscì a raggiungere nel suo breve percorso di vita, mi viene in mente che uno dei suoi grandi meriti fu proprio quello di seminare nel cuore di coloro che gli davano ascolto il germoglio della speranza, riuscendo con a dargli voce ed azione davanti all’opinione pubblica mondiale. Per questo le sue parole ancora ci commuovono, per questo crediamo ancora nella voglia di costruire piuttosto che distruggere, di denunciare piuttosto che ignorare, di lottare con la determinazione dello spirito invece che con la durezza delle armi e della violenza. Anche quando nessuno ci ascolta.

Nell’era della comunicazione, dove tutto viene velocemente spiattellato nei mezzi di comunicazione, è difficile trovare spazi aperti per dare voce oggi a questo tipo di lotta. L’attualità la fanno le grandi notizie di guerra e catastrofe, la cronaca la fanno le notizie di violenza urbana, gli scoop la crisi economica, l’esclusiva le interviste di Hollywood.
Lo vediamo oggi, in questi giorni di fervore per la situazione ad Haiti, l’isola che non c’era e che da un giorno all’altro inonda le nostre case con le sue immagini di dolore e disperazione. Haiti “finalmente” sgomita negli spazi televisivi rivendicando su di lei uno sguardo da tanto tempo negato.
Ora piovono aiuti umanitari e fiumi di dollari su Haiti, anche se bisogna fare attenzione che i 100 milioni stanziati dal Governo degli Stati Uniti per l’emergenza Haiti sono una tiepida ombra dei 30 miliardi di dollari stanziati per l’invio di 30.000 nuove truppe in Afghanistan e anche l’aiuto finanziario dell’Italia, dal canto suo, in questa prima fase ammonta a circa 5,7 milioni di euro, ancora niente se messi vicino ai ben 242 milioni di euro destinati per la guerra in Afghanistan per il 2010. Credo che questo non era sicuramente il sogno di Haiti.
Qua l'era allora il sogno di Haiti? Probabilmente era un sogno di giustizia sociale ed economica, un sogno di profonda trasformazione politica verso la corretta ridistribuzione delle ricchezze. Era un sogno come quello di molti altri popoli silenziosi che rimangono fuori dai nostri notiziari, era un sogno molto simile a quello di Martin Luther King.

Nel discorso del 1967 "Beyond Vietnam", King, denunciando l'occupazione americana del territorio vietnamita, disse che “la vera compassione non sta tanto nell'elemosina ad un mendicante, quanto in un cambiamento della società che eviti che si creino mendicanti”.
Questo è anche il nostro sogno.

giovedì 3 settembre 2009

La città dalle grandi fronde….




Sono tornata da poco tempo in Mozambico, una manciata di giorni che ancora conto sulle dita delle mani…eppure quello fatto più che un viaggio, mi sembra uno spostamento nel tempo, una traslazione dall’oggi al ieri di un mondo che condivide spazi ma non ritmi comuni.
Il mio mi appare sempre come un viaggio che parte da ciò che ora e’ verso ciò che un tempo e’ stato e che, per ora, non e’ altro che il mio futuro qua in questa terra lontana dal luogo dove sono nata.

E’ una sensazione che mi accompagna sempre, ogni volta che salgo sul primo aereo di linea della Meridiana che mi trascina via dalle aspre coste azzurre della mia amata isola, fino all’ultimo atterraggio, sicura che all’arrivo sarò assalita dall’odore di caldo e da una strana solita sensazione di non concepire i confini del mondo in termini di spazio, ma si in termini di tempo.

Eppure chi ha viaggiato lo sa, il mondo gira a diverse velocità, ogni luogo ha il suo ritmo, ogni momento ha il suo peso, ogni vita fa il suo percorso, ogni popolo ha la sua storia, ogni uomo il suo destino.
Per me e’ difficile capire quale sia il mio tempo. Desiderosa di andare dovunque sia per qualsiasi buona ragione al mondo, sicura di riscoprire in ogni angolo di terra e pezzettino di cielo un tetto e una casa dove temporaneamente mettere radici, mi sento a volte incerta nel capire dove e quando poggiare il prossimo passo. Per questo, come una mangrovia, getto le mie radici sull’acqua a fluttuare pronte a scivolare via prima di sprofondare.
Una volta in un enigmatico gioco azteca sul destino mi avevano detto “sarai eternamente straniera nella tua stessa casa. Sei destinata a viaggiare, dovunque ti sentirai a casa ma nessun posto sarà davvero casa tua”. Quelle parole le conservo gelosamente nella memoria e le ho scritte su un quaderno che apro ogni tanto per specchiarmi su un destino che io stessa sono convinta di creare.


In questi giorni sto leggendo “Un indovino mi disse”, un libro schietto di uomo che ammiro profondamente, Tiziano Terzani. Il suo e’ un lungo viaggio nel tempo e nello spazio dall’occidente verso il suo “antagonico” oriente, un lungo e duro cammino per scoprire quali siano, e soprattutto se esistano leggi di prevedibilita’ per un futuro che rimane comunque incerto.
Leggendo lui, sentendo lui scavare in culture antiche e rivisitazioni moderne (profane) di vecchie conoscenze per riscoprire il filo conduttore che unisce ogni singolo avvenimento della sua vita, mi rivedo io stessa nelle notti d’estate, quando il cielo sembra un poco più vicino all’uomo, ricercare negli astri che mi avvolgono quella solita risposta.
La risposta a una domanda che mi hanno insegnato in strane circostanze quando già ero adulta: “Verso dove sto andando e perché son venuto?”.
Fino ad oggi non trovo risposta, né negli astri, né nelle carte, né nelle linee della mano, né nell’intelletto, né nel mio cuore…

A volte quando cammino nelle strade di Maputo, mi incanto a vedere gli enormi alberi che mangiano l’asfalto delle strade e il cemento dei marciapiedi. Sono alberi secolari con corpi grandi e forti come titani, hanno delle lunghe barbe che scendono fino a terra. Sono alberi dai fiori viola, rosa, gialli, rossi, bianchi e quando piove le loro foglie raccolgono l’acqua come delle grandi mani. Quando durante l’estate il sole rimane immobile nel centro del cielo e ancora caldo oltrepassa l’orizzonte, se non ci fosse la loro ombra, non ci si potrebbe muovere da casa. Su di loro io vedo scritta la storia di questo paese, perché immagino che dall’alto delle loro fronde vedono la vita delle persone scorrere in un lento cambiamento che non li riguarda.
A loro nessuno li pota, nessuno li tocca, nessuno si disturba se con le loro vene distruggono il suolo e invadono lo spazio, nessuno mette in discussione la loro eterna esistenza.
Penso che da noi forse li avrebbero tagliati per mettere al posto loro degli alberelli e delle belle aiuole ordinate e potabili, a misura di città per bene, senza storia, senza passato, senza memoria. Più facili da controllare.
Qua invece, si permette ancora che il tempo lasci il suo segno sui tronchi degli alberi e ogni casa con cortile, ognuna di quelle che noi siamo abituati a chiamare baracche, riposa sotto l’ombra del suo albero più grande. Alberi di mango o di mafura che nella stagione delle piogge regaleranno generosi frutti gialli e succosi.

Perché vi parlo di alberi e di destino?
Perché la prima immagine che vedo, appena l’ultimo aereo del mio lungo viaggio sorvola Maputo, sono le grandi fronde degli alberi sparse per la città.
Grandi fronde che mi preannunciano l’arrivo, che mi ricordano un destino scelto e conosciuto, come linee di vita sulla mano loro tracciano la storia vissuta del loro paese, un paese dove ho scelto di venire a vivere per uno strano intrecciarsi di eventi.

E a questo pensiero, mentre scendo cautelosa le scalette traballanti dell’aereo, sussegue quella solita strana sensazione di non capire mai se sono partita o son ritornata.

















prima e ultima foto tratte da internet

martedì 12 maggio 2009

Da un libro non ancora concluso...


Migliaia di suoni cadono dal cielo
Ti scuotono dal silenzio del tuo cuore.
Migliaia di stelle illuminano il tuo cammino,
Sono le persone che incontri per sbaglio
Di passaggio nella tua vita
Come un profumo che scivola via col vento
Come un’onda che non ritorna più indietro.
Un ricordo di un attimo che dura tutta la vita,
Il bianco e nero della tua memoria
Così lontano
Così leggero da tenere in mano.

lunedì 4 maggio 2009

Riflessioni del primo autunno africano



Mi preparo alle riflessioni di metà anno…
Il mondo che mi circonda si fa ogni giorno più bello e atroce davanti ai miei occhi, insistente sognatrice idealista di un futuro migliore.

A questo punto dell’anno traccio sempre differenze con quello che l’ha preceduto e proietto come lance infuocate i miei obiettivi per quello che verrà.

Mi sento bene e piacevolmente ottimista.
Forse perché oggi e’ l’ennesima giornata di sole, mi sembra che qualcosa di bello succederà in un futuro non ancora chiaro.
Qualcosa come un rivoltamento della situazione attuale … qualcosa come un “e’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta!”.

Mentre scrivo queste parole, di getto e di cuore, mi viene in mente che ogni giorno, ogni secondo, ogni istante in cui il respiro esala dalle nostre bocche qualcosa di meraviglioso e qualcosa di devastante succede in questo pianeta.
Ma non penso solo alle centinaia di giovani anime che varcano la porta dell’esistenza in un pianto di sollievo o alle centinaia di vittime di un olocausto di ingiustizie che si protrae da secoli nella nostra storia umana.

Penso semplicemente ai flutti del mare che bagnano le rive tiepide di una autunno africano che si avvicina, penso Al Signor Mondlane, il mio vicino di 86 anni che ogni mattina incontro salire lentamente le scale, penso al verde intenso delle acacie il primo mattino quando esco da casa per andare a lavoro, penso ai fiori profumati del frangipani sparsi lungo il cammino, penso che non vorrei che oggi fosse un giorno qualsiasi.

Un brivido di piacere scorre lungo la mia spina dorsale.
Poi arriva il pensiero successivo al quale mi piacerebbe sfuggire.

E quello che rimane? Mi chiedono increduli i miei demoni custodi.
Quello che rimane sono le stesse tristi storie di sempre…
Una nuova influenza che uccide uomini come porci (ma ci possiamo credere??)… l’insinuazione che sia qualcosa volutamente provocato per dio solo sa quale ambizione di potere, penetra nei miei timpani come un ago affilato.

Che altro?
Eh…che altro?
Fame, Miseria, Guerra e Spensieratezza umana rispondo io.
E poi?
E poi debito estero, politica corrotta e inganno.
Tutto qui?
No, anche violenza, indifferenza e omertà'.
Ancora?
Si ancora…

Cinicamente sorrido e penso che questa vita sembra quasi una contropartita.
Niente in cambio di niente.

Ma chi detta le regole?

Io credo che ognuno di noi detta le sue proprie regole, per questo sono sempre stata convinta del magico potere delle singole azioni umane.
Quelle piccole azioni sufficienti a se stesse, che se unite in un unico flow (per rubare un termine dalla musica urbana) irrompono nella nostra quotidianità spezzandone la magra monotonia rutinaria.
Wow! Questo si che e’ un bel pensiero che vale la pena trattenere.
Qualcosa che ci fa sentire unici e utili.
Puo' sembrare uno scherzo,o un'esagerazione, ma quasi tutti noi ne abbiamo terribilmente bisogno.
Forse qualcuno lassù nelle silenziose sfere celesti si fa una bella risata per questo nostro continuo tentavo umano di essere essenziali.
Eppure a me sembra cosi.

Chissà, forse per quest’altra parte di anno che ci resta possiamo ancora immaginarci indispensabili...
Per esempio… non delegando quello che a noi spetta fare.
Per esempio… dando un po’ più di spazio alle priorità e lasciando un po’ più in disparte tutte le secondarietà’a e terziarietà che offuscano al nostra vi(s)ta.
Abbracciando forte qualcuno che amiamo, ascoltando quello che hanno da dirci con maggiore attenzione, regalando qualcosa alla quale teniamo davvero a qualcuno che davvero ne ha bisogno, desiderando essre esattamente dove ci troviamo,facendo le cose più lentamente, respirando profondamente, condividendo

si perche' Happiness is not real unless shared,

la felicità non e’ reale se non si condivide…

Chiudo questo post e queste riflessioni di maggio immaginando di riuscirci davvero.




Buona giornata a tutti...

lunedì 22 dicembre 2008

Illuminazione

Qualche tempo fa qualcuno ha avuto un'idea geniale

domenica 21 dicembre 2008

Quello in cui credo...un regalo di Natale



Abbandonato il blog per mancanza di tempo, faccio una breve riflessione sul trascorso e su quello che ancora dovrà scorrere.


Qualche tempo fa sono stata in Kenya, altro paese africano gonfio di storia e di futuro.

Uno stato che qualche mese fa ha conosciuto uno dei momenti più bui della sua storia post coloniale, un genocidio senza preavviso accompagnato dal beneplacito politico dei suoi candidati alle elezioni presidenziali.

Un paese di altipiani verdi dove nell’epoca coloniale risiedevano gli inglesi, e di città costiere dall'architettura arabesca, così calde che persino il demonio in persona non potrebbe resistere il caldo.

Il paese del padre di Barak Obama, dove l’immagine del nuovo presidente USA eletto ti segue come lo sguardo della Gioconda, dovunque.

Quando si parla d’Africa spesso si tende a generalizzare:

Il continente nero dove la gente veste colorata.

Il continente povero dove la gente balla bene.

Il continente dei tamburi che perforano i cieli.

Il continente dove il sole sorge più grande delle montagne.

Il continente dei genocidi e dei racconti attorno al fuoco.

Il continente invisibile.

Quanto c’è di vero in tutto questo, lascio agli occhi curiosi il piacere di scoprirlo e alle menti creative il tentativo di immaginarlo.

Per quanto mi riguarda invece, credo che lungo le linee storte di un passato di sofferenza e di un destino ingiusto che accomuna tutti i paesi africani, soggiace una diversità culturale che con orgoglio la gente di questo continente afferma nelle proprie canzoni, nei propri racconti orali e, purtroppo, anche nelle proprie guerre intestine.

Il mio viaggio a Nairobi è stato proprio questo, una totale e dedita immersione nella molteplicità di un’ Africa orgogliosa di se stessa: Camerun, Senegal, Ghana, Liberia, Uganda, Ruanda, Burundi, Kenya, Mozambico, Costa d’Avorio, Etiopia e ancora tanti altri erano i paesi presenti nel II Forum Umanista Africano al quale tutti noi abbiamo partecipato con grande gioia dal 26 al 29 di Novembre.

La Forza della Diversità e della Non-Violenza era il lemma del FORUM e queste parole risuonavano nelle nostre orecchie e ci guidavano nelle discussioni che si protraevano fino a notte. Quello che si discuteva e si cercava con totale convinzione erano le diverse possibili e auspicabili soluzioni per costruire un futuro migliore per l’Africa e, in generale, per una razza umana incatenata ancora alle dure regole di un gioco deciso da pochi.

Quattro giorni di intenso dialogo, convivenza e conoscenza reciproca sono passati con il giusto ritmo, mentre negli ampi spazi del KIE (Kenyan Institute of Education) che ci ospitava si susseguivano con determinazione i nostri validi tentativi di unire a un attitudine attiva diretta verso la possibilità di un cambiamento umano profondo, l’importanza di poter condividere con tante persone diverse le emozioni provate.

Se le nostre intenzioni fossero state saette infuocate scagliate nel cielo, il firmamento avrebbe accecato la nostra vista col suo splendore.

Se le nostre parole fossero state sparpagliate come semi sulla terra, il pianeta intero sarebbe germogliato sotto i nostri piedi.

Ho visto così per la prima volta manifestarsi davanti ai miei occhi un embrione ,ancora da nutrire e da allattare, di quello che un giorno mi piacerebbe essere il mondo in cui vivo.

Un mondo non privo delle sue incomprensioni, indecisioni, divergenze e silenzi, eppure un mondo di rispetto, di costruzione, di riconciliazione, di possibilità, di condivisione e, soprattutto, di non violenza.

Un mondo veramente UMANO.

E mentre scrivo queste parole mi viene in mente una persona...

Ricordate queste parole?

I have a dream today!

I have a dream that one day every valley shall be exalted, and every hill and mountain shall be made low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight; "and the glory of the Lord shall be revealed and all flesh shall see it together.

With this faith, we will be able to hew out of the mountain of despair a stone of hope.

With this faith, we will be able to transform the jangling discords of our nation into a beautiful symphony of brotherhood. With this faith, we will be able to work together, to pray together, to struggle together, to go to jail together, to stand up for freedom together, knowing that we will be free one day.**

E voi...

Avete mai passato la notte insonne pensando alla direzione che vorreste prendesse la vostra vita?

Avete mai prestato attenzione all’importanza delle vostre azioni?

Avete mai pensato che state partecipando attivamente alla costruzione della nostra storia?

Avete mai condiviso con un altro essere umano la certezza della forza dell’unione?

Avete mai sentito ripugnanza verso la violenza e l’ingiustizia?

Avete almeno per una volta nella vostra vita ricercato la giustizia e la verità?

Avete mai sentito nel centro del vostro petto un ardore sconosciuto esplodere in un incontenibile gioia?

Avete mai pensato, anche solo per un attimo, che un cambiamento è possibile?

Io si...

Con emozione, questo è il mio regalo di Natale per voi.


Always aim at complete harmony of thought and words and deed.


**Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E' questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.